Piccole cose connesse al peccato by Lorena Spampinato

Piccole cose connesse al peccato by Lorena Spampinato

autore:Lorena Spampinato [Spampinato, Lorena]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-03-07T11:28:58+00:00


5.

Quel pomeriggio accompagnammo Angela giù per la discesa del piccolo cimitero, fino al punto in cui la strada si chiudeva a testa di spillo su un cerchio di terra recintata.

Già dalla mattina, Angela lamentava fitte pulsanti alle spalle e alla schiena. Parlava a ripetizione di come l’umidità della casa danneggiasse le ossa, e pure di come sigillasse le porte e le finestre, dello spreco di energie che era aprirle al mattino.

Solo un mese prima aveva discusso con mia madre l’opportunità di acquistare il bilocale di fianco per farne un appartamento più grande, mentre adesso l’attenzione era tutta sui muri invecchiati male, sugli infissi crepitanti, sul sentimento di pietà che si era abbattuto sul resto.

Il giorno che avevamo messo piede in quella casa s’era divertita a tirare fuori dagli armadi le vecchie sue vestaglie, le antiche scarpe.

Ogni angolo le aveva ispirato un ricordo: nostra nonna piegata sul tavolo a riempire un quaderno, nostro nonno inginocchiato a pregare ai bordi del letto. Lei e sua sorella da ragazze: lo sguardo impetuoso della disobbedienza, del divertimento. Quando una gonna più corta bastava a infiammare la curiosità di un paese e il sogno di tutte era di vivere la vita delle attrici. Loro da spose e poi da madri, quando alla sera si litigava per chi prendesse il letto e chi la branda. E per chi dovesse far da mangiare ora che la famiglia era come espansa, e i due mariti mangiavano per tre, per quattro.

Erano giorni d’estate anche quelli. Si rideva battendo le mani, ogni cosa era tramutata in festa. Gli adulti si sfidavano a carte, vincevano e perdevano soldi. S’incollerivano presto ma erano anche facili al riso. Sbollivano la rabbia nei bicchieri di grappa, nel fumo delle sigarette che riempiva ogni cosa.

Come le sembrava lontano quel tempo. Poche ore prima al telefono con mia madre aveva detto: Non puoi crederci, è tutto da rifare.

Adesso reggeva in braccio vasetti di gerani viola e rossi. Dava ordini a noi ragazze per come disporli. Due qui davanti, gli altri sui lati, diceva.

Al centro, un unico listone di pietra s’alzava come un dente da una bocca. I nomi intartariti lì sopra erano quelli dei nostri nonni. Pure le facce erano le loro, così come le ricordavamo, solo più serie, immusonite.

Angela represse con la mano un piccolo spasmo degli occhi. Accarezzò la testa di Enza, poi la mia. Per evitare che la sofferenza cominciasse a sformarle la faccia mimò un sorriso acceso e tutto denti. Subito disse: Coraggio, andiamo, s’è fatto tardi.

Nella via del ritorno evocò con grande felicità una foto in cui lei e mia madre se ne stavano sdraiate per terra in costume e occhiali da sole lungo quel tratto di strada.

Era la foto di due belle adolescenti: una magra, magrissima, col viso insolente e la testa buttata all’indietro come in una pubblicità di cosmetici, l’altra rotonda e accigliata, con un piglio da bambina viziata. I capelli erano identici: scuri e crespi, con due frangette arricciate sulla fronte. Era l’estate in cui passavano ore a spazzolarsi con violenza per liberarsi dall’odore di tabacco.



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